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La zuppa di cozze e le bollicine campane: una tradizione che si rinnova

  • bollicinapersistente
  • 17 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

A Napoli, il Giovedì Santo ha un sapore inconfondibile. Non è solo una questione di religione o di usanze tramandate: è un vero e proprio rito collettivo che si consuma a tavola, dove protagonista indiscussa è lei, la zuppa di cozze. Un piatto che è diventato simbolo della città, del suo spirito conviviale e della sua straordinaria capacità di unire sacro e profano in un equilibrio unico.

Ma da dove viene questa tradizione così radicata? La storia ci porta indietro nel tempo, ai giorni di Ferdinando I di Borbone, sovrano appassionato di pesca e grande estimatore delle cozze, in particolare quelle provenienti dalle acque limpide di Posillipo. Il re era noto per la sua inclinazione ai piaceri della tavola, e tra i suoi piatti preferiti figurava una preparazione complessa a base di cozze e pomodori di Sorrento, che venivano farciti con i molluschi in una ricetta chiamata Cozzeche dint'a Cannola.

Tuttavia, durante la Settimana Santa, l'etichetta religiosa imponeva una certa sobrietà, anche a tavola. Fu un frate domenicano, Gregorio Maria Rocco, a ricordare al re la necessità di rispettare il digiuno e la penitenza. Ferdinando, pur senza voler rinunciare al sapore del mare, decise di semplificare il piatto: nacque così una versione più umile, essenziale, ma straordinariamente gustosa. Ingredienti poveri ma pieni di carattere: le cozze, l'olio piccante conosciuto come olio forte, qualche cucchiaio di pomodoro e, in alcune varianti, i maruzzielli, le piccole lumache di mare. Il tutto servito su fette di fresella inzuppate nel brodo aromatico.

Nel corso del tempo, questa pietanza è diventata un simbolo della cucina partenopea del periodo pasquale. Anche se oggi c'è chi preferisce accompagnarla con crostini croccanti al posto delle freselle, lo spirito della ricetta resta invariato: un piatto semplice e robusto, capace di raccontare storie di mare, di fede e di convivialità.



Bollicine in abbinamento: l'eleganza che sorprende

Spesso ci si chiede quale vino possa accompagnare al meglio una zuppa tanto saporita. La risposta potrebbe sorprendere: una bollicina campana, scelta con criterio, può esaltare ogni sfumatura del piatto. La freschezza del perlage, la sapidità naturale e la complessità aromatica degli spumanti del territorio creano un armonia con la zuppa, valorizzandone la parte piccante e marina.


  1. "Pietrafumante" Caprettone Metodo Classico – Casa Setaro

Alle pendici del Vesuvio, tra lapilli e terreni vulcanici, nasce un'eccellenza: il "Pietrafumante" di Casa Setaro. Questo spumante Metodo Classico è ottenuto da uve Caprettone in purezza, un vitigno autoctono rarissimo coltivato solo in quest'area. La vinificazione avviene con grande attenzione: vendemmia manuale, criomacerazione a freddo, affinamento sui lieviti per circa 30 mesi. Il risultato è un vino raffinato, dal colore giallo paglierino brillante, profumi di frutta bianca e fiori vesuviani come la ginestra, e un gusto che combina freschezza, struttura e grande mineralità. Perfetto per contrastare la sapidità delle cozze e valorizzare il piccante dell'olio forte.


  1. "1930" Greco di Tufo Metodo Classico – Cantine di Marzo


Da una delle cantine più antiche della Campania arriva questo splendido spumante, realizzato con uve Greco di Tufo in purezza. Il "1930" delle Cantine di Marzo è uno spumante millesimato, fermentato in acciaio e affinato sui lieviti per 9 mesi. Il suo bouquet è elegante e complesso: pesca matura, albicocca, pompelmo, note floreali e una lieve tostatura. Al palato è ampio, sapido, con un finale lungo e minerale. Un vino che dialoga perfettamente con la zuppa di cozze, creando un gioco di equilibri tra dolcezza del mollusco e piccantezza dell'olio.


Il valore dell'abbinamento territoriale

Scegliere uno spumante campano per accompagnare un piatto così iconico significa rendere omaggio al territorio, chiudere un cerchio narrativo dove ogni elemento parla la stessa lingua. Il Vesuvio, il mare, le mani dei contadini e dei vignaioli, tutto confluisce nel calice e nel piatto, restituendo un'esperienza gustativa completa.


Conclusione

La zuppa di cozze del Giovedì Santo non è solo un piatto: è una storia da raccontare, una liturgia popolare che si rinnova ogni anno. E oggi possiamo renderla ancora più interessante, più viva, grazie all'incontro con le bollicine campane. Un connubio tra passato e presente, tra tradizione e sperimentazione. Perché anche le ricette più antiche possono frizzare di nuova vita.

E tu, quale bollicina stappi con la tua zuppa di cozze? Scrivimelo nei commenti!





 
 
 

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